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Mi trasferisco a Parigi. Ed ecco perché…

Ho una storia d’amore.
Una storia d’amore a distanza.
Questo è molto più impegnativo – vero?

Non sono i capelli arruffati che sogno, ma le sciarpe scattanti portate così bene, le estremità che si agitano al vento.
Non sono gli sguardi del mio amante che mi mancano, ma lo sguardo di uno sconosciuto che porta una baguette fresca sotto il braccio e ne ruba un morso, mentre passa.
Non è una capanna di legno che desidero, ma un elegante edificio Haussman con ringhiere in ferro battuto e infinite rampe di scale da salire, dove una vista limitata dei tetti parigini mi fa battere il cuore.

Non è una cosa semplice.
Non sono ancora fluente nella lingua, anche se sono colpito dal flusso della lingua francese.
Più importante, essendo straniero, mi è permesso di rimanere solo novanta giorni. Questo non è semplicemente un tempo sufficiente.
So di avere concorrenza. Perché questo affare parigino è un affare famigerato, che si è svolto innumerevoli volte nel corso dei secoli.

Sono caduto in basso. Parigi invade i miei pensieri.
Sto architettando un modo per tornare nella mia amata città di Parigi.
“Mi trasferisco a Parigi”, continuo a ripetermi.
“Ah, Parigi”, mormori. “Che cliché”.
Forse.
Ma quando non guardavo, Parigi mi è entrata nell’anima.
Erano i francesi che giocavano a bocce nel mio parco preferito o gli amanti sul Pont Alexandre III?

Forse è stato il vin chaud. Chi può resistere a questa delizia quando soffia un vento amaro?
Era il ballo in una tranquilla domenica mattina dopo una funzione in chiesa in Rue Mouffetard?

E’ stato il quotidiano caffè d’angolo dove mi appollaiavo sotto una lampada a calore e osservavo i locali?

Ho scritto queste parole (tutte quelle parole che avete appena letto) quattro anni fa. Il suo richiamo scorreva in me.
I semi della storia d’amore parigina sono stati piantati molte lune fa.
Sono nato a Montreal, Quebec, e anche se non l’ho mai conosciuto, mio nonno, Léopold Beaudoin, era franco-canadese. I miei geni francesi e le tracce di sangue francese che mi scorrono nelle vene hanno qualcosa a che fare con questa passione parigina? Probabilmente sì.
Quando avevo vent’anni, ho attraversato l’Europa con lo zaino in spalla e durante quei sei mesi sono stato a Parigi in cinque occasioni diverse.

L’ultima riga del mio diario di quei viaggi dice:
“Ricorda, Alison, tutto è possibile a Parigi”.
E’ chiaro che ero caduto sotto il suo incantesimo.

E poi, proprio così, ho dimenticato Parigi.
Molti anni dopo, sono venuto in Francia e non ho mai considerato di andare a Parigi. Un amico ha commentato: “Vai in Francia e non vai a Parigi?”. Il mio commento, frivolo e insensibile, è stato: “Sono stato a Parigi. Non ho davvero bisogno di tornarci”. Evidentemente avevo dimenticato come Parigi mi faceva sentire.
Quando tornai quattro anni fa, qualcosa si accese nella mia anima. C’era un senso di familiarità, anche se non ero stato a Parigi per decenni e un riconoscimento immediato di appartenenza. E così è iniziata l’intensa storia d’amore.
Il trasferimento a Parigi, per me, è fortemente legato a un sentimento.
A L I V E
è la parola che meglio si adatta.
Si tratta di entrare in uno spazio dove, in mezzo al trambusto di una città indaffarata, la gente si gode i piccoli piaceri della vita. Che sia ballare sulla Senna o addentare la baguette perfetta.

Forse è prendersi il tempo di notare dove cade la luce o parlare con il barman locale che ti prepara il caffè.

Forse trasferirsi a Parigi significa entrare nel mio spazio. Vivere il mio sogno. Onorare lo slancio che mi ha fatto precipitare verso questa città.

Trasferendosi a Parigi, un caro amico che un tempo viveva in città mi scrisse: “Hai davvero bisogno di un anno a Parigi per conoscerla profondamente. È così ricca, e complicata, e profonda, e segreta e misteriosa. Ha bisogno di tempo per essere esplorata”.
Esattamente.
Ho cominciato a percorrere il mio anno a Parigi, come flâneuse per essere precisi, con un profondo desiderio di conoscerla intimamente e un cuore aperto. È il mio posto, almeno per quest’anno.
“Essere parigino non è essere nato a Parigi, ma rinascere lì.”
Sacha Guitry
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Autore: Alison Browne
Alison sta seguendo un sogno a lungo coltivato e vive a Parigi, sì durante l’attuale pandemia di Coronavirus. Negli ultimi 4+ anni ha perseguito la sua passione per l’esplorazione del mondo come viaggiatrice solitaria e houseitter. Le sue avventure l’hanno portata in Centro &Sud America, Sud Asia ed Europa. Ex insegnante, ora ispira le donne a spingere i confini della loro zona di comfort e ad uscire nel vasto mondo. Cominciamo a chiamare quei sogni un piano!